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"Sapevo che mi sarei dovuto confrontare con sepolcri imbiancati e farisei, con lecchini di corte e adulatori falsi come i soldi del Monopoli, con criminali in giacca e cravatta e con i loro pavidi servi, con funzionari corrotti e dirigenti ignavi o con dirigenti corrotti e funzionari ignavi. Però credo sempre che valga la pena di provare a cambiare questo Paese." Così suona il bilancio di Alfonso Sabella, il giudice che nel dicembre del 2014, pochi giorni dopo la prima serie di arresti legati all'inchiesta Mafia Capitale, Ignazio Marino nomina assessore alla Legalità. In questo diario di viaggio Sabella descrive la città che ha incontrato: da una parte la malavita che tratta alla pari e spesso controlla la politica e la burocrazia e, dall'altra, le difficoltà dei rappresentanti dell'amministrazione che, anche quando non sono corrotti, mancano degli strumenti necessari a cambiare. Un libro che, con un linguaggio schietto e appassionato, è allo stesso tempo una dichiarazione d'amore per la capitale e un racconto della miscela esplosiva che da decenni alimenta il malaffare: dalla mafia del litorale alle truffe sui beni confiscati, dalle mani sull'ambiente agli affari sulle commesse pubbliche. E sembra che la fragilità della politica sia incapace persino di comprendere le proporzioni di questo verminaio.